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Tenete Dio(1Pietro 2:17)

Qualche tempo fa uno dei tanti soloni che bazzicano il Web al solo scopo di autoproporsi, dandosi importanza col denigrare tutto e tutti, scrisse su questo argomento: “Il timore di Dio … cosa può nascere dal timore e dalla paura???? L’amore??? che amore può nascere dalla paura???…  nulla … di nulla …”. Questo saccente però, pur con la sua presunzione, non faceva altro che esprimere uno stato d’animo negativo riguardo al timore di Dio molto diffuso perfino tra coloro che si dichiarano credenti. Molti, infatti, temono Dio solo perché hanno paura di ricevere una punizione e per questo, se mai si illudono di farla franca o opportunamente confidano nel perdono finale in punto di morte, praticano regolarmente ciò ch’è male agli occhi di Dio (cfr. Isaia 26:10). Il vero timore di Dio, invece, è molto più di un semplice stato d’animo o di un sentimento; nelle Sacre Scritture esso viene presentato in chiave positiva, come un profondo senso di riverenza e di rispetto nei confronti del Signore, un forte desiderio di non dispiacergli. Pertanto chi ha timore di Dio accetta le sue norme morali, vi aderisce scrupolosamente e desidera adottare il suo punto di vista su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un tale timore, quindi, trattiene dal fare il male e dal prendere Dio, in un certo senso, come una cosa scontata poiché aiuta a non cadere in ragionamenti compiacenti, anche questi piuttosto diffusi, del tipo: “tanto Dio mi perdonerà, sa che sono debole”. Un saggio scrittore biblico infatti scrisse: “con il timore dell’Eterno uno si allontana dal male” (Proverbi 16:6 – Di). Il timore di Dio aiuta anche a superare la paura degli uomini, alla quale spesso si contrappone. Diversi esempi biblici, come quello del re Saul trattato in un precedente post, dimostrano quanto è deleterio cedere al timore degli uomini, poiché induce a fare compromesso con la propria coscienza e a violare i comandamenti di Dio. Ciò accadde perfino ad Aaronne, il fratello minore di Mosè il quale, sebbene mostrò di avere coraggio nell’affrontare il superbo e potente faraone egiziano per chiedergli la liberazione del popolo israelita, in seguito, per timore del popolo, violò il comandamento di Dio di evitare l’idolatria. Alcuni aspetti di quell’episodio, che vengono trattati in questo post, aiutano a riflettere sulla propria attitudine e, soprattutto, su cosa è necessario fare per evitare di fare compromessi con la propria coscienza e a trattenersi  dal compiere ciò che dispiace al nostro Padre celeste. “Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti” scrisse il salmista (Salmo 111:1 – CEI; 112:1 – VR e Di). Come ho già spiegato in un altro post (cfr. la XIII parte di “UNA STORIA FINITA” del 3 aprile 2011), il termine greco makàrios, in queste versioni tradotto “beato”, rende meglio il pensiero dell’autore divino se viene tradotto “felice”, come fanno diverse versioni bibliche. La felicità, quindi, è strettamente connessa con il giusto timore di Dio poiché per essere veramente felici bisogna fare le scelte giuste, agire rettamente ed evitare ciò che è sbagliato. Dio ci ha dato la sua Parola per insegnarci quello che è in assoluto il miglior modo di vivere. Se ricerchiamo la sua guida e poi la seguiamo, mostrando così di temere Dio, possiamo essere veramente soddisfatti e felici.

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