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nicola cusano

NICCOLO’ CUSANO (1401 – 1464)
LA PIU’ ILLUSTRE PERSONALITA’ CHE CORTINA ABBIA MAI OSPITATO

Matematico, astronomo, filosofo e teologo, Niccolò Cusano è portatore di una visione universale, una profondità di pensiero e di idee, che sono precorritrici di future conquiste. Per primo ha cancellato la visione geocentrica ed ha precorso la modena astrofisica nella giusta linea che porta agli astronomi Nicola Copernico, Johannes Keplero e al fisico Albert Einstein.
Nel campo filosofico è senz’altro da paragonarsi agli stessi Cartesio, Gottfried, Leibniz e Immanuel Kant, in quello teologico anticipa in modo sorprendente il pensiero di Giambattista Vico e Antonio Rosmini. Tutto ciò a riprova che una visione “illuminata” del mondo abbraccia tutte le discipline.

Lo possiamo ricordare come:
Matematico
Tra gli scritti scientifici hanno particolare rilievo “Reparatio Kalendarii”, che esercitò grande influenza sulla riforma gregoriana del calendario e “De quadratura circoli”, nella quale Niccolò Cusano dimostra l’irresolubilità del problema della quadratura del cerchio.

Astronomo
La teoria più innovativa di Niccolò Cusano consiste nell’aver concepito l’universo, già nella prima metà del quattrocento, senza limiti spaziali e quindi senza una circonferenza che lo delimiti. Niccolò pertanto afferma che non esiste un centro determinato dell’universo, bensì che il suo centro si trova in qualsiasi punto dello stesso. Inoltre Cusano ipotizza che su alcune stelle vivano esseri razionali simili a noi, poiché in esse si verificano gli stessi fenomeni di creazione e distruzione che avvengono sulla terra.

Filosofo
La visione filosofica di Niccolò Cusano, contenuta nella sua opera fondamentale “De docta ignorantia” (Sapere di non sapere), può essere sintetizzata nei seguenti concetti.
L’universo è una unità plurima; per quanto l’universo sia composto da migliaia di parti, queste sono riportate all’unità di Dio, che vive in esse. In questa unità gli opposti coincidono e sono armoniosi: caldo e freddo, luce ed ombra, alto e basso, vita e morte. Noi concepiamo queste parti come se fossero in contraddizione, ma esse coesistono nell’universo e contengono la ragione della propria esistenza e di quella dei loro opposti. La Verità sta nell’Uno, il quale è assoluto, singolare ed infinito. L’umana conoscenza è relativa, molteplice, limitata ed approssimativa ed ogni scienza è semplice congettura. Se noi siamo in grado di intuire che Dio e il mondo sono in conoscibili, l’ultima cosa è ammettere che a noi, o meglio alla mente, compete la sola “dotta” e costante ignoranza, quindi la consapevolezza che la Verità nella sua assolutezza e infinità non può mai essere possesso del pensiero umano.

Teologo
Niccolò Cusano esprime il concetto che solo in Dio, perfezione misteriosa e intellettiva, si può raggiungere la somma conoscenza, poiché Dio, nella Sua infinità semplicità, contiene dentro di Sé la molteplicità delle cose. Dio è tutto ed è presente nel mondo in ogni cosa. L’uomoè Uno e Solo (solipsismo), essendo un microcosmo, in cui “vive” il mondo intero.
Dice Cusano: “Quando guardiamo con i nostri occhi attraverso un vetro rosso, vediamo ogni cosa rossa, così pure la mente umana può vedere Dio solo attraverso la propria mente, figurandosi quindi un dio conforme ai limiti umani. Se un leone dovesse immaginare il volto di Dio, lo vedrebbe con una faccia di leone, una volpe con una faccia di volpe e quindi, di conseguenza, l’uomo con un volto di un vecchio, stereotipo umano della saggezza. Quindi tutte le creature guardano a Dio attraverso la propria immagine. Nell’impossibilità dell’uomo di “vedere” Dio non vi è alcuna menomazione, ma il riconoscimento della propria limitatezza.
     La vita
Niccolò Cusano nasce a Kues, presso Treviri sulla Mosella (Germania) nel 1401 col nome di Nikolaus Krebs. Studiò presso le università di Heidelberg e di Padova ed in seguito perfezionò i suoi studi presso le università di Colonia e Parigi. Nel 1432 partecipò al Concilio di Basilea, dove contribuì alla riforma del calendario. Nel 1449 ebbe il titolo di Cardinale e la sede episcopale di Bressanone e venne anche nominato delegato papale per tutta la Germania. Il principe Sigismundo di Bressanone, duca del Tirolo, aveva già scelto, quale vescovo di Bressanone, il suo cancelliere Leonhard von Wismayr, senonchè il 25 marzo 1450 giunse a Roma la notizia della nomina di Cusano. Ostacolato oltre che dal Duca, anche dal clero locale e dai nobili, Cusano dovette attendere due anni, prima di raggiungere la sua sede di Bressanone. Questa vicenda umana è esemplare della lotta tra Stato e Chiesa tra Medioevo e Umanesimo.
Il santo fervore di Niccolò trascinò a nuova vita religiosa la sua diocesi, ma trovò grande ostilità in Verena, Badessa del convento benedettino di Sonnenburg presso Brunico, imparentata con il principe di Bressanone, che non accettò mai la stretta clausura imposta dal nuovo vescovo.
La podestà giuridica del Cardinale veniva così limitata dalla sovranità della Badessa e del Duca, tanto che, il 14 luglio 1457, fu costretto a ritirarsi nel Castello di Andràz, dove terminò il “De Berillo”. Da lì chiese aiuto al Papa Pio II, il quale inutilmente scomunicò il Duca Sigismondo.  Cusano, ritornato a Bressanone nel 1460, fu imprigionato per ordine del Duca e, liberato in un secondo tempo, fu costretto a lasciare la diocesi e si recò a cavallo nella Valle d’Ampezzo ove giunse il 27 aprile 1460. Sarà il suo ultimo sguardo alle montagne, essendo costretto a ridiscendere l’Italia fino ad Orvieto. Mentre, grazie all’intervento del suo grande amico Papa Pio II, stavano per essere sottoscritti gli accordi a Wiener Neustad, che prevedevano il ritorno del Cardinale a Bressanone e il ritiro delle scomuniche e interdizioni, Niccolò Cusano morì a Todi l’11 agosto 1464, tre giorni dopo lo stesso Papa.

Conclusioni
Niccolò Cusano è senza ombra di dubbio il più illustre uomo che abbia messo piede in Val d’Ampezzo è c’è da augurarsi che venga degnamente ricordato, intitolando in suo onore una via di Cortina, dando così lustro alla storia locale, bene prezioso per la nostra cultura e per quella dei nostri posteri..




Un sogno lungo 600 anni
Niccolò Cusano

Grandi festeggiamenti a Cusa (Kues) nel 2001, per i seicento anni di Nikolaus Chryffs, o Krebs. Niccolò Cusano, per noi. Commento scontatissimo: non li dimostra. Vivesse oggi, sarebbe un personaggio di perfetta contemporaneità.

Kues è a poca distanza dalla città natale di sant'Ambrogio, Treviri (Trier), sulla Mosella tedesca. Nikolaus-Niccolò vi nacque dunque seicento anni fa, nel 1401. Fu un ecclesiastico insigne, cardinale, vescovo di Bressanone, membro del concilio di Basilea e "anima" - dicono gli storici - del concilio di Firenze. Morirà nel 1464.

Vita non lunghissima, ma che ha lasciato tracce ragguardevole in molti rami del sapere: filosofia, teologia, matematica, astronomia. Inventò, tra l'altro, l'igrometro, lo strumento che misura l'umidità atmosferica. In astronomia anticipò Galileo, ipotizzando un universo infinito che, ovviamente, non poteva avere la Terra al centro (l'infinito non ha un centro). In filosofia introdussee la teoria della "dotta ignoranza" e della "coincidenza degli opposti", affermando - com'è vero - che il nostro pensiero coglie le innumerevoli contraddizioni della realtà (grande- piccolo, caldo - freddo, chiaro - scuro…) e tende a superarle, spiegandole, in una realtà più ampia. Però noi abbiamo dei limiti, e non possiamo conoscere e spiegare tutto: Dio sì, e infatti è lui la "coincidenza degli opposti" per eccellenza, l'Uno e il Tutto. E quale migliore esempio di questa coincidentia oppositorum che la persona di Gesù, unione del divino e dell'umano?

Un vero uomo del Rinascimento, aperto al sapere a trecentosessanta gradi. E di mentalità moderna anche in fatto di riti e superstizioni. Leggiamo ad esempio nelle storie la curiosa notizia che il cardinal Cusano "proibì le ostie sanguinanti", cioè si oppose al fanatismo per lo pseudo-miracolo di certe ostie che si arrossavano a causa di un parassita microscopico.

Ma non intendiamo celebrare qui la memoria di NIccolò Cusano per la sue virtù di scienziato o di filosofo, di cui abbiamo barbaramente riassunto e semplificato le coordinate. Quello che ci interessa in questa sede è la sua straordinaria modernità "ecumenica", la sua visione profetica di una "pace della fede" non solo tra Chiese cristiane d'oriente e d'occidente, ma addirittura a tutte le religioni, cristiane e non. Il riavvicinamento con le Chiese d'oriente gli deve molto, come sappiamo. Ma non gli basta.

E' il 1453. L'anno di una delle più sanguinose sciagure della storia: la caduta di Costantinopoli. Nel maggio di quell'anno, il giovane sultano Maometto II abbatte trionfalmente ogni resistenza ed entra nella città (che da allora si chiamerà Istanbul) dando ai suoi soldati libertà di massacro e di saccheggio per tre giorni. Un'apocalisse: almeno quarantamila morti, altrettanti e più i prigionieri; stragi, stupri, crudeltà inenarrabili, chiese violate, reliquie vilipese, distruzioni senza limiti. Lo stesso Maometto II, di fronte all'orrore che ha scatenato, rimane sconvolto.

Più sconvolto rimane l'occidente. Le nazioni cristiane, che per decenni hanno risposto stancamente agli appelli angosciati dell'agonizzante impero romano d'oriente, ora si svegliano di colpo e gridano vendetta. I turchi hanno fatto strage di cristiani? Parta, e subito, una crociata per fare strage di turchi.

No, risponde la voce del profeta disarmato NIccolò Cusano. No, non è questa la via. Bisogna avere il coraggio della pace. Vendicare il sangue col sangue in nome di Dio e della religione è la peggiore offesa al Vangelo che si possa concepire. E non solo al Vangelo: alla profonda, innata fede in Dio che abita nell'anima di ogni uomo, cristiano o musulmano o ebreo o di qualsiasi altra religione.

Ora, immaginiamo l'"inattualità" profetica di questo invito appassionato alla pace, al dialogo, alla tolleranza religiosa, in un'epoca di guerre "sante" contro i non cristiani (e viceversa) e per di più sotto l'impatto emotivo della strage di Costantinopoli, sinonimo di sacrilegio e di orrore.

Ma proprio quell'impatto emotivo ispira a Niccolò una visione grandiosa, tra cielo e terra, un sogno che di colpo estende la sua ansia di pace all'umanità intera. Nasce così "La pace della fede" (De pace fidei), un libro scritto in fretta, nell'emozione del momento, in un linguaggio che molti giudicano poco elegante per un uomo di cultura (siamo in pieno Umanesimo). Ma l'importanza di questa operetta per la storia dell'ecumenismo è enorme..

Di che si tratta? Di una specie di "concilio in cielo", a cui partecipano personaggi delle varie religioni. Gli angeli portano la tremenda notizia della caduta di Costantinopoli, ma Gesù, il Verbo di verità, fa udire la sua parola di pace: "Siano ricondotte tutte le religioni ad un'unica fede, con il consenso di tutti gli uomini". Ma, attenti: non con la forza e con la distruzione degli idoli, ma nel rispetto e nella tolleranza. Anche san Paolo partecipa al "concilio": "La salvezza dell'anima avviene per la fede… Una volta riconosciuto ciò, la varietà dei riti non turberà più nessuno. I riti possono cambiare, la verità resta immutabile."

Il Cusano non è un sincretista: per lui, la vera religione è la cristiana. Ma i credenti delle altre, senza saperlo, in realtà adorano lo stesso, unico vero Dio, sotto altre forme. Non si tratta perciò di togliere alle genti le credenze, le pratiche religiose a loro tanto care, ma di cercare ciò che ci unisce, nell'unica fede in uno stesso Dio, e nel nome di quel Dio dar vita a una pace religiosa che si tradurrà ovviamente in una pace politica, in una fraternità senza più guerre.

E Niccolò auspica che dopo quel "concilio in cielo" si realizzi il sogno di un "concilio in terra", per tradurre in realtà questa utopia di pace. Un concilio che dovrebbe aver luogo a Gerusalemme, la città della pace, immagine di quella Gerusalemme celeste in cui, dice l'Apocalisse, "non si vede alcun tempio perché il Signore Dio e l'Agnello sono il suo tempio".

Sogno grandioso, e ahi quanto attuale ai nostri giorni, ancora e più che mai insanguinati dalle guerre "di religione"! Ed è un sogno di quasi seicento anni fa.

Elena Cristina Bolla

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